Politiche sociali e guerra fra poveri

vico-equense_politiche-sociali-1024x571Le politiche sociali sono un settore nevralgico nelle dinamiche di un paese sempre più in crisi, il disagio aumenta ed il bisogno di strumenti che possano alleviare la sensazione di sfiducia e di crisi della popolazione aumentano altrettanto in maniera progressiva.

A cosa servono quindi le politiche sociali? Alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie. Stiamo parlando di politiche e quindi di scelte che in un modo o nell’altro incidono sul senso di benessere “welfare” di una comunità. Sapere che il Ministro Poletti è il portavoce del Governo su questo tema, non è una notizia che mi fa stare tranquillo. È vero, lui è uomo di cooperative, il presidente della Lega Coop e chi meglio di lui dovrebbe conoscere il tema delle politiche sociali in Italia? Infatti ne rappresenta l’emblema e il paradosso. L’uomo che siede a tavola con gran parte degli indagati dell’inchiesta ‘Mafia Capitale’ non è altro che l’alto rappresentante di un sistema che, invece di intervenire in modo sostanziale sulla crisi e sui disagi dei nostri cittadini, fa dello stesso lo strumento per  raccogliere consensi e potere  fregandosene dei bisogni, dei disagi che queste persone vivono ogni giorno.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle migliaia di operatori sociali, psicologi, educatori  e volontari che ogni giorno hanno a che fare con questa dura realtà  e che, nella maggior parte dei casi, mettono l’anima nel loro lavoro sviluppando delle competenze interiori che vanno al di là della singola professione. I servizi a favore dell’utenza sono svariati: ai portatori di handicap vanno assicurati il regolare funzionamento della scuola e le attività di riabilitazione anche con contributi alle famiglie, nel rispetto delle reali esigenze economiche; all’infanzia, va assicurata la miglior sistemazione dei minori in strutture convenzionate; agli anziani, con molteplici forme di assistenza che ne favoriscano il reinserimento sociale; l’ assistenza domiciliare che garantisce tutte le attività con partecipazione totale o parziale da parte della Pubblica amministrazione; servizi rivolti ad aree molto sensibili del disagio quali minori affidati a comunità o case-famiglia per problemi in ambito penale e/o amministrativo, senza fissa dimora, alcolisti e tossicodipendenti, immigrati con o senza richiesta d’asilo politico. Quest’ultimi ormai sono diventati la valvola di sfogo di una guerra fra poveri che sta sforando l’inverosimile: nella nostra nazione molti, ma fortunatamente non tutti, sono convinti che questi soggetti vengano trattati meglio di tanti nostri connazionali ma non solo, sono convinti che stiano rubando il lavoro (che non c’è, NdA) o che addirittura siano dei privilegiati (come dicono alcuni utenti di servizi rivolti anche a stranieri). Stiamo parlando di soggetti per i quali l’Ue stanzia dei  fondi per l’accoglienza; gli stessi fondi destinati alle nostre fasce deboli sono gestiti dalle stesse persone che pranzano con gli indagati, che sfruttano migliaia di operatori non pagati regolarmente, che vivono nell’illegalità, che si dicono di sinistra e che in realtà sporcano la sinistra reale di fango, si sentono filantropi e, invece, dimostrano di non avere nessuna vergogna quando vengono colti in flagrante e che, d’altronde, non si dimettono e non si dimetteranno mai. Nella nostra Italia tutto questo “fa curriculum”!

Per uscire da una crisi sociale, presupposto di quella economica, bisogna garantire i diritti sociali. Quei diritti improntati a eliminare le disuguaglianze esistenti all’interno della società e a garantire condizioni di vita dignitose e protezione in caso di perdita o non accesso al lavoro. Lo Stato ne rappresenta il volano, l’antidoto , la CURA!!! Approntando un welfare state che guardi ai suoi cittadini, mettendo tutti su un piano di uguaglianza reale di modo che essi, avendo il minimo garantito per condurre un’esistenza degna, possano partecipare alla vita democratica della nazione.

«Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce! ! Prima di non accorgerci più di niente!»     (Peppino Impastato)

 

Salvatore Morisco

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