Aborto, strade ancora negate e diritti violati

Aborto“Sono tutti obiettori con l’utero delle altre”: questa l’immagine figurata che riecheggia ogni volta che qualcuno fa delle sue convinzioni dogmi assoluti che, in certi casi, prendono la forma di una lama.
Questo, ad esempio, è il caso del primario Leandro Aletti, che ha accolto alcune donne nel reparto maternità di Melzo, di cui era responsabile, gridando “Assassine!” (il fatto è accaduto nell’ottobre 2009, il primario è stato denunciato per ingiuria).

Di aborto, ecco, non se ne parla perché lo si fa rientrare in quello spazio angusto dell’indicibile, senza considerare che appartiene, invece, a quel delicato ambito di bilanciamento di diritti. Diritti, tanto declamati, quanto negati.
Quando se ne parla poi, lo si fa in modo sibillino e in malafede. Le argomentazioni contrarie addotte alla possibilità di scegliere vanno dall’affermazione che chi abortisce commette omicidio all’immoralità della scelta in tal senso, alle conseguenze da pagare.


Non se ne parla o se ne parla male. Eppure nel 2011 sono state eseguite circa 110.000 interruzioni di gravidanza, nel 2010 quasi 116.000. Dal 2000 ad oggi sono quasi 1,5 milioni le interruzioni di gravidanza.
E’ la scelta intrinseca in un diritto della persona a dover essere tutelata.  Può essere motivata da ragioni di ordine medico, come la presenza di gravi malformazioni al feto, di pericolo per la salute della madre, nel caso in cui il feto sia frutto di una violenza carnale ai danni della madre o per altri motivi indipendenti dalla condizione di salute della madre o del feto (condizione economica, familiare o sociale).

Sarà solo la donna a dover e poter decidere se portare avanti una gravidanza e le ragioni che la spingono a farlo sono intime e incontrovertibili. I commenti sprezzanti di chi è estraneo alla scelta dovrebbero essere condannati, in qualsiasi caso. Tanto più che nella maggior parte dei casi non sono opinioni, ma critiche bieche e brutali.  Impedire il ricorso all’aborto significa imporre a una donna di portare avanti una gravidanza ma il più delle volte si ricorre ad aborti clandestini. Come si potrebbe obbligare qualcuno a non cercare un rimedio? Come si può fingere di accettare l’illegalità per prosciugare gli aborti – perché poi non accade, gli aborti sono solo resi più pericolosi e la colpa è alimentata dal divieto e dalla clandestinità. Le donne muoiono o riportano gravi danni.

Se una donna aspetta un figlio si trova davanti a due alternative: portare avanti la gravidanza o interromperla. E anche chi si erge a paladino dei diritti altrui ha due alternative: lasciare che sia lei a scegliere oppure costringerla (come accade, ingiustamente) – tra le costrizioni rientra ovviamente anche l’aborto.

È la costrizione ad essere inammissibile, non l’oggetto della scelta (negata).
Il dibattito e le fallacie sono antiche. Oltre alla nota posizione critica di Pierpaolo Pasolini, proprio sulle pagine del Corriere della Sera negli anni Settanta si svolse un duro scambio tra Italo Calvino e Claudio Magris. Il 9 febbraio 1975 Calvino risponde a un articolo di Magris pubblicato il 3, «Gli sbagliati». Abortire all’epoca era illegale e la discussione sulla depenalizzazione era feroce (l’articolo 545 del Codice Penale vietava l’aborto in quanto delitto contro la integrità e la sanità della stirpe: allora l’embrione non era ancora oggetto di interesse).

Calvino scrive (a Claudio Magris):

«Solo chi – uomo e donna – è convinto al cento per cento d’avere la possibilità morale e materiale non solo d’allevare un figlio ma d’accoglierlo come una presenza benvenuta e amata, ha il diritto di procreare; se no, deve per prima cosa far tutto il possibile per non concepire e se concepisce (dato che il margine d’imprevedibilità continua a essere alto) abortire non è soltanto una triste necessità, ma una decisione altamente morale da prendere in piena libertà di coscienza. […] Nel momento in cui si cerca di rendere meno barbara una situazione che per la donna è veramente spaventosa, un intellettuale “impiega” la sua autorità perché la donna sia mantenuta in questo inferno. Sei un bell’incosciente, a dir poco, lascia che te lo dica. Non riderei tanto delle “misure igienico-profilattiche”; certo, a te un raschiamento all’utero non te lo faranno mai. Ma vorrei vederti se t’obbligassero a essere operato nella sporcizia e senza poter ricorrere agli ospedali, pena la galera. Il tuo vitalismo dell’”integrità del vivere” è per lo meno fatuo. Che queste cose le dica Pasolini, non mi meraviglia. Di te credevo che sapessi che cosa costa e che responsabilità è il far vivere delle altre vite. Mi dispiace che una divergenza così radicale su questioni morali fondamentali venga a interrompere la nostra amicizia».

 

Marta Pignatiello.

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Marta Pignatiello

Marta Pignatiello, 24 anni, studentessa in giurisprudenza. "un foglio bianco, molta solitudine, qualche strappo al cuore e forse una guerra o due" Alda Merini.

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