Beni confiscati: gestione e sopravvivenza

bene-confiscatoSe i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”.
Ecco. Da questa frase, che rappresenta l’atto di fede più significativo, che Berlinguer ha attribuito al potere di costruzione ed organizzazione dei giovani, possiamo partire per analizzare, non senza una retrospettiva maieutica della parola, il valore edificante dell’esempio. Valore, che contro la corrente di una morale vuota e retorica, si manifesta come àncora sostanziale di salvezza. L’esempio, prima facie, più vicino all’esperienza di ricostruzione riservata ai giovani, è rappresentato dal recupero e dal riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata (esempio lampante di gestione virtuosa è quella del fondo rustico A. Lamberti, a Chiaiano, confiscato ben 13 anni fa). Così, la giustizia batte la supremazia della più violenta forma di ignoranza. I cittadini (giovani, su tutti) trasformano luoghi-simbolo di sangue ed oppressione in forme di cultura solidale, volte all’apertura, alla socialità e all’ascolto. Ci sono casi in cui invece le istituzioni non seguono la scia della legalità, un esempio riguarda il territorio in cui viviamo. Nel marzo di due anni fa anche il comune di Somma Vesuviana ha visto realizzarsi apparentemente un’ “utopica realtà”: la consegna al Forum dei Giovani,  della targa e delle chiavi dell’immobile sequestrato alla camorra sommese (come da delibera consiiare n° 18 del 11/05/2011). Un passo importante, se non fosse stato solo apparente. In concreto, a distanza di due anni quel bene è rimasto chiuso. Il Forum dei Giovani non ha più svolto alcuna funzione e l’appartamento di cui l’Ente ha comunque preso possesso (in un palazzo del rione Raimondi) è rimasto vuoto. I giovani non operano perché, in teoria, le cariche sono decadute in attesa del rinnovo. Un passo indietro, dunque, che connota la supremazia dello stato delle cose sulla volontà di cambiarle.
Escursus storico:
– 1982: legge 646/’82 “Rognoni – La Torre”, introduce le prime misure di prevenzione patrimoniali antimafia, quali: il sequestro, la confisca dei beni dei quali non sia dimostrata la legittima provenienza, rinvenuti nella disponibilità del proprietario di appartenere ad una associazione di stampo mafioso.

– 1992: legge 56/1992, dispone che nei casi di condanna per reati, quali associazione di stampo mafioso, è disposta in ogni caso la confisca del denaro, beni e utilità di cui il condannato non può giustificarne la provenienza e di cui, risulta essere titolare, a qualsiasi titolo in valore superiore rispetto al proprio reddito ed attività economica.

– 2010: legge 50/’10, istituisce l’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, l’agenzia governativa sotto il controllo del ministero dell’interno. Compiti: provvedere alla custodia, all’amministrazione e alla destinazione di beni mobili ed immobile sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, dopo aver verificato che i soggetti assegnatari dei beni provvedano al loro utilizzo, in conformità alle finalità per cui si è proceduto alla loro destinazione, pena la revoca immediata.

L’Agenzia gestisce un patrimonio che vale circa 30 miliardi di euro. Ma nonostante questo la sede centrale, inaugurata il 21 marzo del 2010 dal ministro degli Interni dell’epoca Roberto Maroni, continua ad avere sede a Reggio Calabria perché difesa strenuamente dalla politica calabrese e dall’ex governatore forzista Giuseppe Scopelliti – nel frattempo condannato per abuso di ufficio e falso – che si oppose al trasferimento. Agenzia che dovrebbe essere esempio di  trasparenza e invece i dati del sito risultano scarni e parziale, statistiche ferme al 7 gennaio 2013, una banca dati incompleta, quando non omissiva, e di difficile consultazione. Di molti immobili o aziende confiscate, elencati in modo anonimo, non si sa nulla: i file relativi non si aprono, l’ente destinatario non è indicato.

Finora sulla gestione dell’Agenzia si sono scontrate due correnti di pensiero. Chi, come  l’associazione Libera, da sempre impegnata nella lotta alla mafia e nella regolamentazione dei beni confiscati, chiede la restituzione dei beni alla collettività. E chi, come Confindustria, supportata in passato dal ministro Anna Maria Cancellieri e oggi da Alfano, crede che i beni debbano essere venduti a privati o gestiti da manager. Purtroppo, però,  tocca ammettere che non sempre gli immobili confiscati alla mafia, riescono a sopravvivere, una volta venuto meno il flusso di denaro illegale loro destinato e la protezione dei clan organizzati. Due esempi di assegnazione che ben riassumono le difficoltà dell’Agenzia sono la “Casa Rosa” di Rocca di Papa e l’ex ristorante “La Bazzica” a Grottaferrata, entrambi nel Lazio. Nel primo caso il sequestro è datato al 2008. La Casa Rosa è stata svaligiata, hanno sottratto pure i cancelli, e solo di recente sembra essersi aperta una soluzione con l’affido dell’immobile a un’associazione. Nel secondo caso, del ristorante “La Bazzica” è rimasto solo l’edificio divenuto un ricettacolo per senzatetto. Dell’attività commerciale non c’è più traccia.
Questa digressione lascia aperta, dunque, la questione più urgente in tema di beni confiscati: garantire la loro concreta destinazione ad una finalità sociale a tempo indeterminato.
Ma sempre, con l’auspicio di un atto di fede, impegnativo ma forse anche fruttuoso: riconoscere nei giovani l’impegno e l’onere, l’opportunità e il piacere, di portarne avanti la sopravvivenza.

Marta Pignatiello.

 

 

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Marta Pignatiello

Marta Pignatiello, 24 anni, studentessa in giurisprudenza. "un foglio bianco, molta solitudine, qualche strappo al cuore e forse una guerra o due" Alda Merini.

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