I giorni della resistenza: intervista sull’Isis e la resistenza Curda.

Il 9 Ottobre scorso provammo a delineare i tratti generali dell’ombra che avvolge da un po’ di tempo il Mondo e che mette a rischio l’ordine precostituito: l’Isis.

Come sempre, però, abbiamo deciso di non fermarci a quello che apprendevamo da una prima analisi pur non essendo, già quella, superficiale. Abbiamo cercato di fare chiarezza con un esperto: uno studioso di storia militare contemporanea, laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Orientale di Napoli. A.D. si è dimostrato disponibile sin da subito, anzi avvertiva l’esigenza di approfondire la questione poiché,  lo scopriremo durante l’intervista, ci sono in essa tanti punti bui e tante vicende che possono lasciare interdetti anche i più navigati esperti di relazioni internazionali e storia contemporanea.

Senza perderci in dettagli, arriviamo al punto. Dopo i dovuti convenevoli partiamo spediti.

 

Cos’è il califfato di Omar Al Baghdadi e a cosa punta?

«Il califfato è quello che oggi tutti conoscono come ISIS, autoproclamatosi stato e non ancora riconosciuto. Un frapposto di terre non del tutto ancora definite. Si estende dal confine nord dell’Iraq fino alle porte dell’Europa, la Turchia sud-orientale, passando per parte della Siria.

Controllano un territorio grande quasi quanto la Svizzera. Il leader è Al-Baghdadi, che da piccolo chiamavano il Messi di Baghdad per il suo grande talento da calciatore. Sei milioni di persone vivono riuniti sotto la stessa bandiera nera. Bastano 16 euro e un account su e-Bay per poterla ricevere a casa. Si finanziano gestendo monopoli di petrolio e grano. Hanno simpatizzanti fino alla periferia di Roma di San Basilio e si stima abbiano almeno ottantamila combattenti.»

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 Quindi punta al riconoscimento internazionale e alla conquista di una regione piuttosto ampia?

«Non è una minaccia geograficamente circoscritta:si sono autoproclamati dell’Isis, quasi come fossero exclave in territorio straniero, alcuni gruppi presenti in regioni dell’Africa come ad esempio nel sud dell’Egitto, in Nigeria, in sostanza non possiamo nemmeno parlare di una guerra propriamente detta, contro un nemico dal confine definito. Spiego meglio: se pensi a quanti europei sono andati a battersi per il Califfato, per combattere gli Usa in Iraq od anche Assad in Syria, o gli stessi Curdi a Kobane, al loro ritorno non credo che se ne staranno a casa alla Tv dopo un’ esperienza di quella portata. Diciamo che per davvero il rischio oggi esiste e l’abbiamo in casa. La cosa che ci ha reso “sicuri” negli ultimi 20 anni, anche quando il nostro paese si è impegnato su fronti particolarmente caldi, è che comunque nessuno sentiva la guerra nelle proprie strade. Era una guerra intangibile e la si vedeva solo in Tv. Invece, i fatti di Amburgo e l’allarme degli 007 europei, per la minaccia terrorismo, non dovrebbero farci dormire così tranquilli. Aleppo e’incredibilmente vicina.

I Syriani sono ben inseriti nella comunità europea da tempo, lo scambio culturale è denso

e i Syriani tornati in patria dopo aver combattuto contro Assad, per il nascente califfato, ne sono forse migliaia in Europa.»

 

A proposito di Amburgo: Cosa è successo? In che termini si collega ai fatti di Kobane e del califfato?

«Ad Amburgo sia la comunità curda che una comunità “del Califfato” (per intenderci) si sono scontrate circa un mese fa.

La violenza, che secondo la polizia è stata di una ferocia mai vista in Germania negli ultimi tempi,  sta alimentando un senso di minaccia riguardo agli effetti domino dei combattimenti in Syria e in Iraq.

La sera del 7 ottobre  circa 400 curdi si sono riuniti all’esterno della moschea di Al Nour, nei pressi della stazione ferroviaria centrale nel quartiere di Sankt Georg di Amburgo, per protestare contro gli attacchi sferrati dallo Stato islamico contro la città curdo-siriana di Kobane. Secondo la polizia, la protesta inizialmente pacifica è diventata violenta quando i curdi si sono scontrati con un gruppo rivale di circa 400 salafiti armati di mazze da baseball, tirapugni, coltelli, machete e aste metalliche usate per appendere la carne nei ristoranti di kebab. Nella mischia che ne è seguita, più di una dozzina di persone sono rimaste ferite, a una è stata quasi mozzata una gamba da qualcuno che brandiva un machete, e un’altra è stata accoltellata allo stomaco con un’asta usata per cuocere il kebab. Circa 1300 agenti di polizia, armati di manganelli e muniti di idranti, sono stati schierati per fermare gli scontri, durati fino alle prime ore del mattino dell’8 ottobre. Complessivamente sono state sequestrate centinaia di armi e si è proceduto all’arresto di 22 persone.»

 

Erano miliziani dell’Isis o gruppi a loro riconducibili per vie trasversali?

«Diciamo che erano gruppi riconducibili all’Isis per vie trasversali ma non si esclude che qualcuno appartenente a quei gruppi sia partito o comunque che qualcuno sia già tornato da quei territori come spiegavo prima. I Curdi sono un ostacolo al Califfato perché sono una vera spina nel fianco, sia culturale, sia religiosa che geo-strategica. »

 

E gli 007 europei?

«L’allerta è alta e quando s’indaga lo si fa in silenzio. Si rilevano comunque già numerosi fermi e diverse altre le operazioni ancora in atto, soprattutto ad Amburgo che spunta fuori ancora una volta nella storia.  Ad Amburgo, si sono pianificati gli attacchi dell’11 Settembre.
La comunità islamica Jihadista è molto presente .Alcuni analisti ritengono che i gruppi islamici rivali, in Germania, stiano deliberatamente sfruttando le tensioni etniche e religiose in Medio Oriente per fomentare tensioni in Europa.»

 

È auspicabile che la resistenza curda possa limitare l’esplodere delle tensioni?

«Ma, guarda, prima di tutto va detto che i Curdi sono stati deliberatamente attaccati da un invasore.

Qui bisogna aprire una parentesi. La questione del Kurdistan è vecchia almeno 100 anni.

Lo stesso Kurdistan non è uno stato, è un’area politicamente divisa fra Turchia(nord-ovest), Iran (sud-est), Iraq (sud) e, in minor misura, Syria (sud-ovest) e parte di una “gran discussa” Armenia (nord).

L’Isis colpisce infatti quasi immediatamente verso nord, consapevole che i flebili confini di Syria e Iraq, per i recenti conflitti e l’inesistenza di uno Stato organizzato nell’area del Kurdistan, sono divenuti un ghiotto boccone per allargare confini e controllo contro un nemico considerato,  comunque, alla portata.

Nonostante le scaramucce vecchie quanto Yalta, per l’irredentismo di territori e della mancanza di riconoscimento di uno Stato autonomo Curdo, senza dilungarci, si può sicuramente affermare che la loro presenza lì è da ritenersi comunque pacifica.

Ovviamente la violenza ha generato violenza.

Premettendo che quello che il Califfato sta facendo a Kobane non è accettabile in nessun senso e con questo si giustifica la resistenza di civili armati contro l’occupazione; per risponderti infine alla domanda con sicurezza posso affermare che la partita con l’Isis si gioca sicuramente con i curdi e a Kobane.»

 

Ma sappiamo che i curdi non combattono proprio da soli: da chi è formata la resistenza militare curda? Da chi vengono armati?

«Sono tutte minoranza etniche dello stesso gruppo a formare la resistenza anche se, ad oggi, si contano diversi europei ed anche 4 italiani e questo ci fa onore e, per quanto mi riguarda,ci rende italiani in senso aulico. Purtroppo si suppone con una certa sicurezza che presso il califfato stiano combattendo anche parecchi europei o comunque immigrati di vecchia data, stabilitisi già da tempo in Europa,abituati alla convivenza pacifica con cristiani,curdi, israeliani e culture diverse che oggi sono indicati dagli stessi come nemico “infedele”.»

 

Perché proprio a Kobane?

«Kobane è una città che si trova nel nord della Syria, al confine con la Turchia. È proprio un nocciolo prolungato in pieno territorio del Califfato, chiuderebbe l’anello di congiunzione tra Califfato Occidentale e quello Orientale. È una spina nel fianco ed è una città appartenente al Kurdistan Syriano con una comunità prevalentemente curda e non omogeneamente musulmana.»

 

Per quanto riguarda la resistenza curda: che armi utilizzano? In che modo si muovono? Delineane la strategia.

«Ad oggi, con tutto il supporto americano, i Curdi sono armati per di più con classici ‘ak47’,

un fucile mitragliatore che si presta a sparare in ogni condizione di clima e terreno, famoso fucile di fabbricazione classica russa oggi prodotto da una miriade di Stati, e poi con gli RPG, i classici Bazooka anticarro. Poi armi da fanteria prevalentemente difensive come mitragliatori M60 americani.

Il Califfato, invece, è leggermente più preparato e numericamente più forte. Occupando Mosul il califfato ha rubato un bel po’ di materiale bellico appartenente all’esercito regolare syriano

ma anche  materiale appartenente ad altri stati come Cina, Usa, Russia e proveniente dai Balcani e dalle zone di guerra del Medio Oriente anche di elevata importanza. »

(Per l’elenco delle armi http://www.giuseppeesposito.it/isis/#sthash.LmDW3nJV.dpuf . )

 

A parte le armi, gli Usa in che modo apportano aiuti ai curdi? Che possibilità c’è di un intervento di fanteria americana?

«Ogni giorno sono circa 15 i raid USA che a questo punto non lasciano adito a teorie complottiste

lanciando tra l’altro anche supporti militari alla resistenza di Kobane. Anche la Turchia si è piegata dopo un periodo di forti dubbi sul loro ausilio alle forze del Califfato e ieri ha lasciato che una componente curda raggiungesse le linee della resistenza per rinfoltirle, passando sul proprio territorio, anche se con qualche scaramuccia. Sembra che comunque gli aiuti comincino ad arrivare anche via terra. In questi casi, proprio dal punto di vista strategico-militare, una città, per rompere un assedio, deve avere ‘le spalle coperte’ dalle linee di rifornimento,come fu a Stalingrado d’altronde.

Indipendentemente dall’intervento in terra, in appoggio come supporto di fanteria, la partita di un assedio non si gioca sui numeri ma sulle opportunità di rifornimento o meglio, avere uno “sfogo” alle spalle. È quanto di meglio ci possa essere per rendere anche più facile l’evacuazione dei feriti dal campo od anche rinfoltire velocemente i ranghi.»

 

Se il califfato ne esce sconfitto, tu credi si arrenderà o cercherà altre soluzioni in alternativa di Kobane?

«Kobane è cruciale! E lo diventa ancor di più nella logica di un Kurdistan libero e indipendente. A questo punto i veri e storici occupanti e difensori di quella città, possiamo dirlo, sono i Curdi! Da domani potrebbe sventolare sulla città la bandiera Curda e nessuno vieterà a nessun altro di poter immaginare uno stato che finalmente, dopo centinaia di anni, possa contenerli. Ecco perché Kobane è cruciale, per tutti! La Turchia tentenna per questo!»

 

Credi, quindi, che la Turchia poi si piegherà all’idea di un Kurdistan indipendente? Se sì, poi bisognerebbe immaginarsi anche una lotta per le aree del Kurdistan che si trovano negli stati adiacenti?

«Qui la diplomazia deve avere un ruolo predominante! Qualche giorno fa si sono tenute delle consultazioni a Parigi con le delegazioni di Turchia, Usa, “Kurdistan” e Francia per la questione di Kobane e quindi del Kurdistan. Non dimentichiamoci che nessun turco ha aiutato nessun curdo e domattina, per questo, la Turchia non potrà di certo pretendere il dominio su quel pezzo di terra.»

 

Tornando leggermente indietro: il video dell’incontro tra miliziani dell’isis ed esercito regolare turco, e quindi della Nato, può rendere palese un accordo tacito o è ancora poco per determinare che ci sia stato?

«Finora c’è stato un tacito accordo abbastanza palese. Pensa che il governo turco non ha mai accostato la parola “terrorismo” di fianco all’acronimo “ISIS”. Sembra strano ma fa la differenza!

Ora la pressione internazionale, le leghe curde in tutto il mondo hanno reso possibile l’apertura delle linee di rifornimento. Si era arrivati al culmine e la jihad è stata dai media troppo colpita per non essere invisa dal mondo occidentale “sano”.»

 

 

I network nazionali e internazionali affermano ripetutamente che “il califfato si sta estendendo per tutta la Syria, in Iraq è alle porte di Baghdad” dando l’impressione che stia succendendo qualcosa. Sai dirci qualcosa di più?

«Sì, si stanno estendendo ma al nord perdono.»

 

Al Sud quindi nessuno ha particolari interessi ad aiutare i governi precostituiti opponendo resistenza al califfato?

«Fino a prova contraria al Sud dovrebbero trovare gli USA ad attenderli.»

 

Gli USA bombardano solo al Nord?

«No, ieri hanno contrattaccato alle porte di Baghdad. L’Isis avanzava vicino alla città ma secondo me sono già alla frutta e stanno provando ad estendere al massimo il proprio dominio prima di fermarsi e soccombere alla controffensiva dal Nord e dal Sud.»

 

Per  avere modo di radicarsi meglio nelle zone dove sono da più tempo e quindi per avere più tempo per ritirarsi in quelle?

«Bravo, ti spiego una cosa più semplice: per fermare l’avanzata dei Persi di Serse, i 300 del famoso film si spostarono a Sud della Lega Ellenica lasciando il lento esercito a presidiare le linee delle città-Stato mentre loro, velocemente, raggiunsero le Termopili. Perché? Non sarebbe stato più semplice attenderli alle porte delle città col supporto dell’intero esercito Greco? La risposta è no!

Perché si sarebbe combattuto laddove gli stessi posso rifornirsi e prepararsi bene. Mentre distogli l’attenzione su un altro fronte (in questo caso le Termopili), il tuo rallentamento per le scaramucce si risolve alle spalle con una preparazione maggiore in vista di maggiore impegno. Io credo che in questo momento loro stanno pensando alle contraeree. Stanno acquistando armi perché ne sono sempre riforniti, di armi nuove soprattutto.»

 

Ma come fanno a difendersi dai raid aerei?

«Con armamenti abbastanza datati appartenenti alle riserve sovietiche, sono delle mitragliatrici a calibro grosso (12,7), le DShK 1938,meglio conosciute come Dushka,armi abbastanza inefficaci alla fin fine senza un dovuto supporto radar. L’Isis le usa adattate anche contro la fanteria, come supporto difensivo, contro mezzi corazzati o edifici.»

 

Quindi, il Califfato, comprendendo la sconfitta al Nord (a Kobane), correggimi se sbaglio, hanno preso ad allargarsi in Siria e in Iraq.

«Stanno provando a “fare il cuscinetto largo”, si dice in gergo militaristico. Poi si stringeranno attendendo la catastrofe. Hanno dichiarato di poter combattere a terra per almeno 2 anni secondo le forze e i rifornimenti che hanno adesso.»

 

Non può essere più semplicemente propaganda?

«Probabile, ma hanno sicuramente le forze e i rifornimenti per combattere un anno intero dei due dichiarati. Anche perché i grandi trafficanti d’armi non dormono, il paradiso per loro adesso è laggiù. Controllano pozzi petroliferi: fai 1 più 1…! »

 

Quindi secondo te non ci sono possibilità che scompaia il califfato da qui ad un paio di anni almeno?

«La speranza è l’ultima che muore. Lo spero, ma credo che dietro tutto questo ci sia una macchina infernale.»

 

Cosa ci puoi dire in chiusura di quest’intervista?

«Posso dire che, per fortuna, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato all’unanimità, la risoluzione n. 2170 che prevede misure per ostacolare ogni tipo di supporto, finanziamento e armamento ai terroristi dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) e il fronte terroristico “Jabhat al-Nusra”, e prevenire il flusso di terroristi in Siria e in Iraq e che, entro Settembre, gli stati membri dovevano ratificarne il contenuto. Questo ci fa sicuramente sperare bene e, visti, gli ultimi giorni di Kobane, la situazione promette molto bene. Il problema si rivelerà il “dopo”.»

 

Per il riconoscimento del kurdistan? O per altre problematiche contigue?

«I curdi turchi lo sanno che la polizia turca fermerebbe sul nascere il tentativo di conquista di un Kurdistan libero e indipendente. La Turchia li considera parte di un’organizzazione illegale. Sanno benissimo che per diverso tempo saranno in pericolo nelle loro terre, è tutto drammaticamente collegato con la questione del Kurdistan Turco, che oggi come mai ha senso di esistere perché, ribadisco, i Curdi hanno combattuto da soli!!! Il buon senso sicuramente indicherebbe che la strada per dei rapporti pacifici tra turchi e curdi sia quella di una indipendenza Curda.»

 

Non possiamo predire il futuro, questo è certo. Che ruolo ha avuto la donna in tutta questa storia?

«Io non un sono un “generista”, ti dico che, certamente, ha un certo fascino parlare di ruolo femminile trattandosi di una resistenza. Però,visto il ruolo della donna nella comunità matrilineare curda, non mi fa molto strano. Diciamo che è connivente con la loro memoria storica. È affascinante sopratutto sapere che un reggimento di donne spaventa a morte l’invasore che, affidandosi ad interpretazioni particolari del Corano, crede che, cadendo per mano di una donna, gli sarà negato il paradiso di Allah, con le vergini ad attenderlo e così via. È una cosa forte, colpisce la mente.»

 

A questo punto lo salutiamo, lo ringraziamo per l’immenso contributo. Non è stato semplice discutere di un argomento tanto più grande di noi. Ma ci teniamo, entrambi, a ricordarvi che mentre parliamo, respiriamo, viviamo, la storia ci scorre davanti agli occhi e passa sotto i nostri piedi.

 

 

Marco Tufano

A.D.

 

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Marco Tufano

Classe 1989, trasferitomi a Somma nel 1994, ho praticato basket dal 1996 al 2008, diplomato al liceo classico 'Tito Lucrezio Caro' di Sarno, laureando in lettere, corso di laurea in Editoria e Pubblicistica. Coltivo la passione per la scrittura in forma di articoli di giornale e versi poetici. Responsabile editing e correzione bozze. "Scrivere è come la droga che odio e che prendo. Il vizio che disprezzo e in cui vivo." F. Pessoa

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