Luoghi abbandonati: tra poesia e morte.
Un luogo abbandonato produce il vuoto. Non è quindi necessariamente improduttivo, lascia anzi spazio alla creatività di farne quel che le pare.
Il vuoto è quella condizione che ti permette di riempire, di imprimere la tua orma come su una distesa di sabbia piatta bagnata dal mare e di sfuggire al nichilismo esistenziale. La melanconia che trasuda dalle mura che sembrano nascere dalla sterpaglia di Chernobyl, per esempio, ti spinge a fare voli pindarici, a pensare ad un (im)possibile recupero di quei luoghi o, più intimamente, a costruirti un attimo di riflessione delirante, annullando tutto il reale intorno e spingendoti alla creazione di un qualcosa di strutturato e ‘altro’. E cosa può essere d’aiuto, in quest’ultimo caso, meglio della poesia? Ecco: i luoghi abbandonati sono poetici, maledettamente tristi e lontani dal quotidiano ma così eterni nel loro essere vittime dell’agire del tempo sulle molecole che ne compongono le rovine.
Ma non c’è bisogno di andare in Ucraina per scorgere luoghi abbandonati o diroccati. Sempre più frequenti sono i fotoreportage dai posti del non-essere sulle testate online, sempre maggiore il fascino che li lega al grande pubblico.
Qualche giorno fa, il 16 Dicembre, in villa Bruno a San Giorgio a Cremano, si è tenuta la mostra fotografica “Vuoti a ( r ) rendere” organizzata dall’associazione “Scrivendo con la luce” e che fa parte di un progetto fotografico ‘in fieri’ sui luoghi dell’abbandono. Il progetto si pone l’obiettivo la ricerca “della bellezza nel brutto, dell’armonia nella decadenza” aggiungendo che “non significa ARRENDERSI a tutto ciò, ma lanciare una sfida: quella di RENDERLI, cioè di restituirli. O anche solo di farli sentire amati. Ancora un po’. Ancora una volta.”
Nella mostra, della quale si può trovare qualche assaggio sul sito de Il Corriere del Mezzogiorno ( http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/foto-gallery/campania/14_dicembre_17/vuoti-arrendere-luoghi-dell-abbandono-1d7533a4-85ed-11e4-9941-fc94f2340fb8.shtml) , ci sono fotografie dello stabilimento dell’ ex Italsider di Bagnoli, l’”Edenlandia” di Fuorigrotta, l’ex manicomio Bianchi di Napoli e tanti altri posti che segnano un limite ideale tra la morte e la vita ponendosi nel mezzo in una impaziente attesa dello sguardo dell’uomo.
Cioran scriveva, a proposito del vuoto, ne ‘La tentazione di esistere’ che “L’esperienza del vuoto è la tentazione mistica del non credente, la sua possibilità di preghiera, il suo momento di pienezza” e, in quanto convinto sostenitore di questo nulla totalizzante, credo nella creatività che può nascere da questa esperienza.
Ma non basta.
Osservare non è restare a guardare. L’inettitudine non ci può colpire davanti al Castello d’Alagno. Non possiamo trovare della bellezza guardando la scuola-“mostro” di via Trentola. Non c’è nulla di affascinante nel cantiere abbandonato di rione Trieste adiacente alla ‘Chiesa vecchia’, essa stessa un luogo abbandonato. Non è per niente creativo il cancello chiuso di piazza Europa.
Al di là dei deliri intellettualoidi possibili, tutto questo è solo morte.
E se da un lato affascina, dall’altro distrugge e appiattisce.
Marco Tufano
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