La dialettica memoria/oblio

10501237_10203227316396418_1514104590_n« Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale!
Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata.
Infinita letizia della mente candida!
Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio. »
Alexander Pope.

I conti da pagare con la storia non sono mai conti facili.
E’ il V secolo a.c., Atene si libera dai trenta tiranni, chiudendo uno dei periodi più grigi della sua storia, viene promulgata una legge che vieta di rivangare il passato, scriverne, farlo riaffiorare. Regna così l’ordine ad Atene, il dibattito è chiuso, pena il collasso della società. “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto. Chi ha dato, ha dato, ha dato. Scurdammece ‘o passato” diremmo dalle nostre parti. Quello di Atene, dopo la dittatura dei Trenta, è uno degli esempi dal ventaglio di soluzioni possibili che seguono un conflitto, che riverbera odio, miseria, dolore. Ma è davvero l’unica soluzione? L’oblio “liberatorio” che seppellisce e sradica le macerie di fatti scomodi? Lavorare sulla memoria significa costruire sulla storia le basi per il futuro, estendere confini, liberarsi della benda che copre i nostri occhi.
L’oblio per Nietzsche è necessario alla vita, nella sua ottica antistoricistica. Bisogna poter dimenticare il passato che altrimenti ci paralizzerebbe: “beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori”, “Chi non sa fissarsi sulla soglia dell’attimo dimenticando tutto il passato non saprà mai cosa sia la felicità”, dice il filosofo.
E la coscienza? Per Nietzsche è solo rappresentazione di ciò che è già accaduto. Ecco che qui entra in gioco il lavoro degli storici che non devono essere solo cronisti e compilatori di memorie ma avere la capacità far comprendere che cercare nel passato la spiegazione e le radici, le cause remote o vicine dell’evoluzione e degli eventi, è l’unico strumento per tentare di non perdere l’”orientamento”, di vivere il presente e costruire il futuro, affinare la capacità di discernimento. E’ il non ricordare, diremmo a Nietzsche, che oggi, ci paralizzerebbe. La memoria attiva caratterizza l’identità culturale dell’uomo.
Inoltre, Vico ci insegna che rifarsi alla mente umana per comprendere la storia non è sufficiente: si vedrà, attraverso il corso degli avvenimenti storici, che la mente dell’uomo è guidata da un principio superiore ad essa, che la regola e la indirizza ai suoi fini che vanno al di là o contrastano con quelli che gli uomini si propongono di conseguire; così accade che, mentre l’umanità si dirige al perseguimento di intenti utilitaristici e individuali, si realizzino invece obiettivi di progresso e di giustizia secondo il principio della eterogenesi dei fini.
Talvolta infatti l’umanità corre il rischio del “ricorso”, rischia di tornare indietro nel prestabilito percorso di auto-miglioramento a causa di errori di natura sociale e/o politica (inaridimento del sapere, perdita di memoria storica). Ma il “ricorso” è soltanto temporaneo. Con forza, coraggio, fatica e sofferenza ogni volta l’umanità ha saputo e saprà sempre riprendere il suo cammino progressivo.

“Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.”
Kriton Athanasulis.

 

Marta Pignatiello.

 

 

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Marta Pignatiello

Marta Pignatiello, 24 anni, studentessa in giurisprudenza. "un foglio bianco, molta solitudine, qualche strappo al cuore e forse una guerra o due" Alda Merini.

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