Nel tempo della menzogna e della dimenticanza, la poesia come verità
Sin dalle sue origini più remote, nel mondo greco, la sacralità della poesia si rifletteva nella figura del poeta, depositario di una facoltà divina e strumento di rivelazione agli uomini di verità superiori, che orientavano secondo obiettivi umanamente positivi la vita dell’uomo nella storia. Oggi più che mai, nel tempo dell’oblio, dell’aridità di sentimenti, di omertà diffusa, che nega la Storia, al poeta si chiede di uscire allo scoperto, di farsi testimone, con il “verbo” di cui è capace. La poesia non è cosa separata dal Mondo, è nell’ascolto, lo tiene unito nella speranza, in una tensione ideale che incarna l’essenza stessa della società. Ponte, tra necessità e concreto vivere, tra esperienza e dialogo, esprime nel disincanto mancanze e sogni, ‘dicendo’ il nuovo possibile, capace di elevare l’animo dall’abitudine ‘mortale’ del consumo. Nella sua funzione salvifica la parola, è capace di tenere in vita il ricordo. Qualcuno ha detto che non sarebbe stato possibile scrivere poesia dopo Auschwitz, che Auschwitz è l’indicibile, invece è stata lo strumento dei ‘salvati’, di tutti coloro che sono riusciti a “combattere” l’oblio con la scrittura, a dare piena testimonianza di sé. Il poeta non è indifferente, è uomo coinvolto, presente, non si sottrae al dover dire, porta la forza della parola nella sua funzione maieutica, critica e propositiva, nel suo aderire al Mondo, alle cose della Storia e della Politica. Mario Luzi diceva :
“La poesia è la vita e se oggi la vita ci chiama a prove difficili e drammatiche, la poesia non può eluderle. Anzi non deve. La poesia non è serva di nessuno, serve solo la verità ed è o dovrebbe essere la più alta testimonianza del tempo in cui si vive”.
Marta Pignatiello.
Marta Pignatiello
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